In questo viaggio gastronomico attraverso I promessi sposi, scopriamo non solo le vicende dei personaggi, ma anche gli usi alimentari e i sapori dell’epoca. I cibi e le pietanze nominati nel romanzo ci immergono nella realtà sociale del XVII secolo, evidenziando le differenze di classe e la quotidiana lotta per il sostentamento. 

La verza, il “gran cavolo” di Perpetua

“La venne finalmente, con un gran cavolo sotto il braccio, e con la faccia tosta, come se nulla fosse stato.” (Cap. II)
Il primo incontro con il cibo nel romanzo avviene con Perpetua e il suo “gran cavolo”, simbolo dell’umile dieta contadina. La verza, ortaggio autunnale, rappresenta una preziosa risorsa alimentare, resistendo nel terreno durante l’inverno. È utilizzata in numerose ricette tradizionali lombarde, dalla classica cassoeula agli involtini di salsiccia.

La polenta, nutrimento della vita contadina

“Dimenava, col matterello ricurvo, una piccola polenta bigia, di gran saraceno. […] La mole della polenta era in ragion dell’annata, e non del numero e della buona voglia de’ commensali.” (Cap. VI)
La polenta, preparata da Tonio nel focolare, rappresenta la quotidianità delle famiglie contadine. Questa pietanza, che allora era di colore grigio, derivante dalla sola farina di grano saraceno non essendo ancora stata introdotta la coltivazione del mais, riflette le dure condizioni di vita dell’epoca.

Polpette e stufato, i sapori delle osterie

“«E con davanti quelle polpette, che farebbero resuscitare un morto?»” (Cap. VII)
“«Cosa mi darete da mangiare?» disse poi all’oste. «Ho dello stufato: vi piace?»” (Cap. XIV)
Le pietanze che Renzo consuma nelle osterie che visita durante le sue avventure sono emblematici della società e della tradizione culinaria dell’epoca. Infatti, sia polpette che stufato sono preparati con carni poco pregiate e sono piatti tipici delle osterie, luoghi di incontro e di socializzazione per le classi popolari, in quanto si potevano cucinare in grandi quantità e riscaldare all’occorrenza.

Le noci, il racconto di Fra’ Galdino

“Partito Fra’ Galdino, «tutte quelle noci!» esclamò Agnese: «in quest’anno!»(Cap. III)
Il racconto del “miracolo delle noci” ci porta nel mondo dei frati e delle offerte alimentari. Le noci, oggetto di una promessa infranta, diventano simbolo di solidarietà e miracolo, portando sollievo ai bisognosi e riflettendo la generosità della comunità.

Il pane, simbolo di provvidenza e perdono

“«Al pane», – disse Renzo, ad alta voce e ridendo, «ci ha pensato la provvidenza». E tirato fuori il terzo e ultimo di que’ pani raccolti sotto la croce di san Dionigi, l’alzò per aria, gridando: «ecco il pane della provvidenza!» (Cap. XIV)
Il pane assume un ruolo centrale nel romanzo, rappresentando la lotta per la giustizia sociale e la ricerca di perdono. Da “pane della provvidenza” a simbolo di perdono, grazie a Fra’ Cristoforo, il suo significato va oltre la sua funzione nutritiva, diventando un simbolo di giustizia e misericordia.

Vino, medicina e strumento sociale

“«Date qui, date qui», disse don Abbondio, prendendole il bicchiere, con la mano non ben ferma, e votandolo poi in fretta, come se fosse una medicina.” (Cap. I)
Infine, il vino emerge come elemento di conforto e strumento sociale. Nel primo capitolo viene descritto dal Manzoni come una “medicina” per Don Abbondio, mentre nel quinto capitolo viene offerto da Don Rodrigo a Fra’ Cristoforo, che accetta controvoglia, dimostrando la sua volontà di compiacere Don Rodrigo pur di guadagnarsi il suo favore.  

Un viaggio nelle tradizioni gastronomiche che permette di vivere attraverso i sapori le storie de I promessi sposi, lasciandosi trasportare nel cuore della Lombardia del Seicento.  

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